Samuele Failli, avanguardia nel solco della tradizione e artigianalità

Samuele Failli ha origini toscane, come Salvatore Ferragamo, e come il grande designer ha scelto il mondo delle calzature per esprimere la sua creatività che, come spesso accade per molti artisti, nasce in seno alla sua famiglia.

Da ragazzo guardava sua madre creare abiti sartoriali per le donne dell’intera Europa, ma la sua carriera inizia in verità come designer di gioielli nella sua città natale, Firenze.

Il suo grande sogno però era un altro ed è riuscito a coronarlo quando è stato  accettato al London Fashion Institute for Footwear Design.

Trasferirsi a Londra ha segnato definitivamente il suo futuro.

Dai grandi nomi al suo marchio

Terminati gli studi, nel 2004 fu contattato da Miuccia Prada ottenendo la posizione di designer junior per la linea scarpe uomo-donna Miu Miu. È in questi 7 anni che Samuele ha potuto mettere in campo la sua creatività, le sue conoscenze tecniche per creare le fondamenta della sua visione,  per dare corpo alla sua idea di design della scarpa.

Dopo Prada ha iniziato a lavorare per alcuni dei più prestigiosi marchi globali: con Tom Ford a Londra,  Yves Saint Laurant a Parigi sotto la direzione creativa di Stefano Pilati prima e Hedi Slimane dopo.

Nel settembre 2012 è entrato nel team di Azzedine Alaïa dove ha lavorato come capo creativo della collezione calzature, avendo il privilegio di farsi ispirare da Monsieur Azzedine per quasi 5 anni.

Nel 2017 Samuele lanciare il suo marchio di calzature di lusso, la cui cifra stilista è inconfondibile: scarpe moderne e sexy per donne contemporanee.

 

E’ questo salto, questa sfida, questa scelta di vivere in prima persona l’avventura imprenditoriale che ha suscitato in me la curiosità di intervistarlo per il mio libro, ‘La moda nascosta’, oltre ovviamente al fatto di essermi innamorata di un modello in particolare, Bridgette, quando lo  scorso settembre sono stata invitata a visionare la collezione Fall Winter 2018.

Nonostante il mondo della moda sia dominato dalle grandi holding il tuo brand testimonia che c’è ancora spazio per la creatività. E questo dà fiducia…Sei d’accordo?

Sono cambiate le modalità con cui emergere, per far conoscere la propria idea. Non è più come nel passato, fino agli anni ottanta/novanta si dava spazio solo alla creatività e alla bellezza, senza pensare all’uso pratico. Con l’arrivo delle strategie di merchandising volute appunto dalle holding sono state messe in primo piano le esigenze del mercato e i designers hanno dovuto adattare la creatività e la loro visione anche alle richieste commerciali. La strategia è vendere per poter re-investire nella crescita del brand. Ma la parte creativa è linfa vitale, è ciò che distingue un marchio da un altro e senza la quale non esisterebbe la moda.

Quale è lo stato dell’arte del Made in Italy oggi?

Il made in Italy, oggi, è messo a dura prova dalle produzioni asiatiche, perché produrre in oriente ha un costo inferiore. Ormai, pur di essere competitivi i vari brand giocano al ribasso, molte fabbriche produttrici purtroppo non reggono il confronto e sono costrette a chiudere.

Il made in Italy si sta distruggendo ed è invece fondamentale preservarlo, custodirlo e riportarlo alla sua origine. L’Italia è e rappresenterà sempre l’eccellenza a livello mondiale sia a livello di creatività che di gusto.

La moda oggi può ancora definirsi driver di tendenze come è accaduto nel passato?

Sì, ovviamente. Rappresenta anche un potentissimo mezzo per far arrivare l’arte ad un pubblico più vasto.

E l’artigianalità che ruolo e spazio ha in questo scenario?

Dipende dal tipo di prodotto. Per me ha un grande valore; cerco, infatti, di attingere dall’artigianalità quando l’oggetto finito non è abbastanza ricco: ad esempio nelle lavorazioni più minuziose, nei dettagli più preziosi.

Si vede qualcosa di davvero originale o è tutto mix and match e richiamo al passato?

Oggi, se sei un genio attingi dal passato per migliorarti e creare un prodotto nuovo, se sei nella media lo fai per creare un prodotto carino, se sei mediocre e attingi dal passato puoi solo copiare.

C’è ancora spazio per l’haute couture o il prêt-à-porter spadroneggerà fino a diventare l’unica possibile di scelta?

Ci sarà sempre spazio per l’alta moda. Si tratta di un pubblico ristretto rispetto alla massa, ma che allo stesso tempo esiste e investe; senza l’alta moda non ci sarebbe questa creatività.

Come ritagliarsi un proprio spazio? Quale è il fattore di diversificazione e unicità per essere conosciuti e riconosciuti?

Io cerco di trasmettere tutto me stesso nelle mie creazioni. Amo le donne e renderle belle e sicure di sé rappresenta la mia felicità; il mio spazio esiste con il mio prodotto.

Quanto pesa una buona comunicazione e in particolare il mondo del web per promuovere la moda e in particolare il Made in Italy?

Oggi pesa quasi più del prodotto, purtroppo.

Cosa vogliono i consumatori oggi?

Vogliono idee sempre nuove.

Cosa è il lusso oggi?

Avere tempo per sé stessi

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