Teeshare: le t-shirt sospese tra arte e moda sostenibile

Da sempre la t-shirt viene considerata uno dei capi evergreen che non può assolutamente mancare nell’armadio: un capo unisex, passepartout, che può essere indossato da chiunque in maniera trasversale e capace di attraversare le epoche, i periodi storici e le correnti moda, rimanendo sempre fedele a se stessa.

La t-shirt infatti è indubbiamente uno dei capi più versatili in assoluto, capace di essere elegante, street, casual o sporty a seconda di come viene abbinata. Spesso, nel corso delle varie epoche, la t-shirt è anche stata utilizzata come elemento comunicativo, come capo iconico capace di veicolare messaggi sociali, politici, ambientalisti, ma anche nomi, luoghi, persone e sentimenti. Oggi più che mai.

La t-shirt è come la tela di un pittore, uno spazio vuoto che può essere riempito per comunicare al mondo un messaggio: per questo chi si dedica alla creazione di t-shirt merita un’attenzione speciale, perché, proprio come un’artista che dipinge il suo quadro, chi crea t-shirt dà vita a delle opere d’arte che comunicano determinati messaggi al mondo grazie alla loro capacità di diffusione sociologica capillare.

Ecco allora che nel mio viaggio nell’universo della moda, ho scoperto il mondo di Teeshare e ne sono rimasta affascinata.

Teeshare: un prodotto iconico, tanta passione e la vocazione alla condivisione

Teeshare nasce nel 2013 dalla passione di Francesca Mitolo che, dopo aver lavorato moltissimi anni in studi di consulenza, principalmente per collezioni donna sportswear e denim in Italia e Spagna, decide di ideare il progetto Teeshare come connubio tra arte e moda sostenibile.

Quello in cui Francesca ha creduto è stata la riscoperta di una moda più slow, a misura di persona, realizzata con cura, con materie prime di qualità e lontane dalle logiche del fast fashion.

Quello che mi ha colpito di più di Teeshare però è la profonda vocazione alla collaborazione e alla condivisione: l’azienda collabora infatti con numerosi designer e artisti, con laboratori italiani, cooperative, comunità, ma anche con pensionati, persone comuni e persino amici. Mescolano fili, cuciono colori, uniscono le idee e poi condividono il tutto attraverso la creazione di una T-shirt. Anzi, di una Teeshare.

Teeshare: arte, moda sostenibile e solidarietà

Altro elemento caratterizzante Teeshare è appunto la sua riscoperta dell’artigianalità in ogni fase di produzione e realizzazione: la t-shirt, ormai sempre più spesso frutto di una moda realizzata in serie, con Teeshare recupera le sue origini  qualitative. Per questo le collezioni del brand, anche quelle in edizione limitata, vengono tutte prodotte artigianalmente in Italia, mentre per le stampe vengono utilizzate la stampa serigrafica artigianale, realizzata con colori all’acqua extra soft, o la stampa digitale (per i disegni più complessi), che permette di avere un controllo cromatico estremamente accurato e una definizione molto alta pur mantenendo intatte le caratteristiche artigianali del prodotto.

Infine una cosa che mi ha colpito positivamente e che trovo bellissima: una piccola parte del ricavato dalla vendita di ogni t-shirt viene devoluto in beneficienza all’ADMO (Associazione Donatori Midollo Osseo). Un modo semplice per fare del bene in modo concreto.

Affascinata da tutto questo, ho voluto scoprire ancora di più sul mondo Teeshare attraverso questa intervista.

Cosa pensa del sistema moda Italia?

L’attuale contesto storico-culturale in Italia non può che abbracciare e influenzare il sistema moda nel nostro Paese. Immagino l’Italia come un treno elegantissimo – pesante e complesso – formato da molteplici ingranaggi; un po’ futurista, ma dal sapore retrò, con pionieri che sempre più spesso si sganciano dai vagoni principali percorrendo nuove strade.  Basti pensare al successo della Sharing Economy, un modello in fase di forte sviluppo ed evoluzione qualitativa. Per fare un esempio concreto, nel settore moda si traduce nella nascita di piattaforme di compravendita tra privati o la condivisione di infrastrutture e strumenti, mi vengono in mente i co-sewing o gli hub dei makers. C’è grande fermento, ed è in periodi di forte instabilità come questo che, con coraggio, si può creare qualcosa di mai pensato nella nostra storia personale. Il sistema moda Italia di oggi è proprio uno specchio dell’ambiente in cui viviamo.

L’Italia e quindi le firme italiane hanno ancora un peso a livello internazionale?

Fortunatamente sì, la storia della moda italiana riesce ancora a essere un biglietto da visita anche per brand poco conosciuti o di nicchia che si affacciano al mondo. Ovviamente il “fatto in Italia” da solo non basta e deve essere necessariamente accompagnato da reali caratteristiche qualitative.

La moda oggi può ancora definirsi driver di tendenze come è accaduto nel passato?

Se analizziamo la moda da un punto di vista sociologico, lo è sicuramente. Tuttavia è necessario uno sguardo più attento, dato che le macro tendenze a cui siamo stati abituati nel passato si sono sgretolate per stare al passo con i tempi, usi e costumi diversi. Il mondo in cui viviamo oggi è differente, non solo il ventaglio di proposte si è ampliato, ma è anche alla portata di tutti. Questa tematica mi ha sempre affascinata molto. Penso alla connessione che può crearsi tra persone che vivono in due parti opposte del mondo: in un determinato momento iniziano a indossare un certo tipo di scarpe, un certo tipo di calze, quasi fossero sintonizzati su una stessa frequenza.

Si vede qualcosa di davvero originale o è tutto mix and match e richiamo al passato?

Ci sono anche idee molto originali, ma vanno cercate con più attenzione e interpretate con meno giudizio. Oggi l’originalità può passare attraverso l’utilizzo di tessuti intelligenti e innovativi o lavorazioni particolari, la stampa 3D o progetti specifici che abbiano un obiettivo e un valore da trasmettere, solo per fare qualche esempio.

C’è ancora spazio per la creatività o tutto è dominato da logiche di business come per i grandi brand guidati da holding internazionali?

Agli esordi ogni stilista può creare e sperimentare seguendo il proprio gusto personale. Più si cresce, meno libertà d’azione si ha e il fashion designer necessariamente dovrà scontrarsi con la famosa frase che nessuno vorrebbe sentire: “deve essere commerciale”. Un brand affermato può anche far sfilare in passerella capi stravaganti e folli, ma la collezione che poi vende è un’altra, e buona parte del fatturato probabilmente proviene da accessori e piccola pelletteria studiati a tavolino da altri.

C’è ancora spazio per l’haute couture o il pret a porter spadroneggerà fino a diventare l’unica possibile di scelta?

L’Haute Couture è arte, è destinata a pochi ma possono beneficiarne tutti guardandola. Scegliete voi il luogo, una sfilata, un Golden Globe, un matrimonio reale, un evento cinematografico, un editoriale o un museo.

E l’artigianalità?

L’artigianalità fa parte della nostra storia, è il nostro punto di partenza, è il nostro presente. In un mondo che si muove velocemente crea valore e consapevolezza. E sarà sicuramente il nostro futuro.  Esistono già portali interessanti di botteghe digitali che creano una controtendenza al “tutto e subito” dei big nelle vendite online.

Cosa è il lusso oggi?

Il lusso oggi è avere tempo da dedicare a se stessi e al proprio benessere fisico e mentale. Rallentare, fermarsi, ritrovarsi. Il lusso oggi non è qualcosa che possiedi, è un’esperienza da vivere, qualcosa che ti emoziona, in cui ti rivedi.

Come ritagliarsi un proprio spazio? Quale è il fattore di diversificazione e unicità per essere conosciuti e riconosciuti?

Questa è una domanda molto complessa, le cui risposte potrebbero comprendere un’attenta valutazione dei competitors e del mercato di riferimento, fino a esaurirsi in valorizzazione e identità del brand. Credo però che la ricerca di partenza più importante vada fatta partendo da se stessi: chi sono io? Che cosa posso creare per gli altri secondo i miei valori? Che cosa voglio trasmettere e perché? Un’attenta e sincera analisi di noi stessi è un ottimo punto di partenza per creare qualcosa di unico ed entrare in contatto con gli altri.

Cosa offre di unico il suo brand?

La sua storia è unica, ogni dettaglio viene vissuto e pensato con l’obiettivo di creare valore: la trasparenza produttiva, la ricerca dei materiali, le relazioni che instauriamo con le persone con cui collaboriamo, la grande umanità e la voglia di condivisione che sta alla base di Teeshare.

Quale è il principio cui si ispira?

Teeshare nasce come rivisitazione di una t-shirt. Collaboriamo con artisti internazionali che condividono la filosofia del progetto creando opere uniche, in serie limitate e di alto valore artistico e artigianale. Un messaggio da indossare. Un connubio tra arte e moda sostenibile.

Quale è il suo target?

Esiste ancora la casalinga di Voghera? Per anni è stata la principale figura di riferimento delle segmentazioni di mercato, dove i prodotti erano studiati per ipotetiche tipologie di persone, con determinate classi di età, di reddito, di istruzione. Teeshare realizza dei prodotti che trasmettono dei valori. Segue il bello e la sostenibilità. Perché non potrebbero andar bene per una donna manager 40 anni, single e senza figli o a un marito casalingo a tempo pieno con 2 figli. Il nostro target sono tutti quelli che credono in noi.

Cosa vogliono i consumatori oggi?

Sicuramente le persone che indossano Teeshare non amano consumare e accumulare, sono propensi a un acquisto consapevole, apprezzano la trasparenza produttiva e i materiali ricercati, senza tralasciare la cura nello studio delle forme.

Aneddoti da raccontare?

Era settembre dello scorso anno, mi arrivò una mail dalla segretaria del Clan Celentano. Adriano voleva circa una ventina di Serafino tutte uguali, stesso colore, stesso tessuto. Inizialmente pensavo fosse uno scherzo, poi parlai personalmente con la segretaria che mi disse di includere nel preventivo la trasferta per le prove di vestibilità su Celentano in persona, la Serafino doveva essere impeccabile. Sto ancora aspettando la risposta al preventivo!   

E per il futuro? Dove sarà il suo brand?

Spero che Teeshare sia indosso alle persone in tutto il mondo, che sia veicolo di un messaggio, che venga lavato e stirato al rovescio a massimo 30 gradi per farlo durare nel tempo, che venga rammendato se si creano dei buchi e riutilizzato per dormire quando sarà troppo liso per indossarlo per uscire.

Consiglio per i giovani che vogliono intraprendere la sua professione?

Recentemente mentre preparavo un meeting ho letto una frase bellissima di Daisaku Ikeda, che mi ha incoraggiata molto e che dedico a tutti i giovani intraprendenti che stanno leggendo questo libro: “Ci saranno momenti in cui avrete dubbi e ripensamenti, e alle volte vi scontrerete con dei muri. Sono tutte prove del fatto che state crescendo.”

 

 

 

 

 

 

 

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