Non cadere nella trappola dello Smart Working!

Se ci pensate bene lo Smart working, che fondamentalmente vuole esprimere un concetto di ‘dinamismo, flessibilità’ ormai si è trasformato in home working e ahimè ci sta portando più vicini a una forma di immobilità.

Certamente questa condizione è legata alla situazione attuale, generata dalla pandemia, ma molte aziende in realtà stanno pensando di rendere questa parentesi temporanea in qualcosa di permanente e inevitabilmente ciò impatterà anche sul nostro lifestyle, sulle nostre scelte di vita: dal luogo in cui vivere visto che non ci sarà più obbligo di presenza in ufficio, alle abitudini di acquisto parlando di cibo, beauty e certamente anche abbigliamento.

Siamo protagonisti di un cambio epocale e di tutte le regole che fino ad oggi hanno guidato lo scorrere delle nostre esistenze.

Non sta a me fare qui e ora un trattato sociale, ma sicuramente posso proporre alcune considerazioni in tema di moda.

Una recente ricerca ha evidenziato che già negli ultimi sei mesi alcuni comportamenti di acquisto sono cambiati e tenderanno ad affermarsi sempre più.

    • Compriamo local

I centri città si sono svuotati a vantaggio di tutte le piccole realtà di quartiere che proprio durante i vari lockdown hanno consentito di potersi approvvigionare senza allontanarsi troppo da casa.

A dire il vero questa tendenza si stava già affermando, ma con un processo molto lento. La pandemia ha dato una accelerazione incredibile a questo fenomeno di consumo.

Il kilometro zero, lo slow food, i gruppi di acquisto solidale, il progetto alveare, la rinascita delle sartorie e di piccoli negozi che vendono prodotti artigianali erano già delle realtà che oggi più che mai collimano con questo nostro nuovo modo di vivere la quotidianità e anche con i valori di etica, sostenibilità, responsabilità.

Certo tutto questo a svantaggio di negozi blasonati, catene del fast fashion e ahimè di tutti coloro che lavorano per queste realtà, ma era un processo già in atto…e quindi bene averne consapevolezza per mettere in atto il piano B.

    • Compriamo sempre di più online

Anche questa tendenza si è consolidata in questo 2020, ma al di là della contingenza Covid, in realtà l’acquisto online si sposa perfettamente con un concetto di lavoro flessibile, oserei dire nomade che si affermerà nei prossimi anni…

Proprio perché lavorando in smart working potremmo trovarci ovunque nel mondo, si ha la libertà di collegarsi online a ogni ora e in ogni momento della giornata e farsi recapitare l’acquisto direttamente nel luogo in cui ci si trova, che sia il proprio domicilio, l’albergo che ci ospita all’estero, la sede dell’ufficio.

Insomma ci stiamo sempre più allontanando da un concetto di globalizzazione per puntare sulla personalizzazione del servizio, che sia fisico, quindi offerto dal piccolo negozio artigianale, oppure online, dove l’esperienza di acquisto è totalmente customizzata.

Esattamente quello che scrivevo prima…decisamente un gradissimo cambio epocale!!

E il nostro shopping?

Come cambia?

Stare a casa porta inevitabilmente a prediligere un abbigliamento comodo.

Le situazioni sociali sono sempre meno frequenti e di conseguenza non sentiamo il bisogno di avere un ventaglio di outfit così ampio per coprire le diverse occasioni d’utilizzo: serata di gala, cena tra amici, teatro, cinema, inaugurazione di una galleria d’arte…

Questo non deve appiattirci e ingabbiarci nella fatidica tuta, ma certamente può essere l’opportunità per pensare a una riorganizzazione dell’armadio anche e soprattutto partendo da un principio di etica e sostenibilità.

Prima avevamo troppo, ora invece – spinti da una condizione non scelta ma in qualche modo imposta – stiamo approcciando con maggiore attenzione le scelte di acquisto e riconsiderando le priorità dando maggiore valore a principi diversi dal consumismo e la massificazione.

Anche qui in realtà nulla di nuovo perché Vivienne Westwood già da tempo sostiene lo slogan “Buy less, choose well, make it last” promuovendo insieme alla collega Stella McCartney un’idea di moda sostenibile molto lontana dal fasto delle passerelle cui siamo abituati.

Siamo spinti a ragionare in termini di ‘capsule wardrobe’ (pochi capi, ben assortiti, abbinabili tra loro) ma stando attenti anche a non perdere di vista alcuni aspetti importanti come la cura dell’immagine, del nostro personal branding e certamente del decoro.

La trascuratezza è l’alibi di chi non è in grado di padroneggiare l’abito come mezzo espressivo

Innanzitutto lo si deve ricordare per sé stessi e poi perché – anche se seduti sulla poltrona di casa o  sulla sdraio in spiaggia – non ci si deve comunque dimenticare che si sta lavorando e si deve poter mantenere il giusto atteggiamento e focus.

Per molti uscire di casa, andare in ufficio, incontrare colleghi e clienti è un forte stimolo e lavorare in smart working porta a una sorta di chiusura, di apatia non solo dal punto di vista dell’abbigliamento ma anche di postura.

Ricordatevi che gli abiti, i loro colori, il come ci fanno sentire bene ( o male)  influisce sull’umore, sulla concentrazione e motivazione perché inconsciamente ‘assorbiamo’ le qualità di ciò che indossiamo.

Marie Condo sostiene…Se per voi è normale indossare una tuta, finirete per diventare una persona a cui la tuta si addice”

Anche se non ce ne accorgiamo i capi sbagliati possono anche deconcentrarci o addirittura deprimerci. Al contrario indossare i capi giusti può farci sentire più centrati e renderci più performanti, e numerosi studi condotti in campo psicologico lo dimostrano.

Vestirsi, lavarsi, curarsi, mantenendo una certa continuità, per affrontare le nostre attività lavorative, aiuta a mantenere il giusto atteggiamento che servirà anche dopo, quando usciremo dalla quarantena e ci ritroveremo a condividere di nuovo spazi fisici e non virtuali.

E poi un abbigliamento troppo sotto tono, non influisce solo su noi stessi, ma anche sugli altri. Studi hanno infatti evidenziato che ciò che indossiamo può creare uno spirito di emulazione inconscio. Quindi se nelle videocall prevalgono barbe ricresciute, capelli malamente pettinati, golf ammaccati, camicie stazzonate, è possibile che ciò indurrà anche gli altri nelle future call ad adeguarsi man mano ad uno standard più basso (circolo vizioso).

Il 92% degli uomini e l’89% delle donne preferisce interagire con persone che trovano visivamente gradevoli, e tendiamo a selezionare persone simili a noi (processo di identificazione) anche nell’immagine.

Pensiamo alle numerose attività che ci portano ad ‘incontrare’ virtualmente i nostri interlocutori per ragioni professionali: una videocall con il cliente, un webmeeting con l’ufficio, un webinar, una lezione a distanza con i propri studenti.

In queste occasioni non dobbiamo mai abbassare la guardia e pensare sempre che stiamo investendo sul nostro Personal Branding!

Qualche consiglio

    1. Evitare di vestirsi in modo dissondante: per esempio giacca e cravatta sopra e pantaloni del pigiama sotto. Indossare questa doppia anima non ci pone in una condizione di centratura, siamo scissi tra vita di casa e vita da ufficio. E’ preferibile un total look casual ma coerente, comprensivo di scarpe, proprio come se dovessimo uscire!
    2. Curare sempre il beauty: che si tratti barba rasata, capelli e mani curate. Non è necessario realizzare make up sofisticati, ma piuttosto puntate sulla cura della pelle, che sia luminosa e soprattutto pulita. Ciò conferisce freschezza ed energia.
    3. Attenzione al dettaglio. Sfoggiate accessori e gioielli ma con moderazione. Una bella spilla o una collana che certamente si noteranno durante una video call. Un cerchietto per i capelli. Un foulard. No a orecchini ingombranti se utilizzare cuffie o auricolari.

 

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