Inizia con Vicoli Santi il mio viaggio alla scoperta di stilisti e aziende italiani che operano nel settore moda e con il loro lavoro promuovono il Made in Italy nel mondo.
Si tratta di realtà che hanno scelto di lavorare restando fedeli a principi di artigianalità, creatività, unicità che oggi non sono una prerogativa assoluta, come in passato, ma cedono il passo a logiche di tipo più commerciale e di globalizzazione.
Ce ne sono tante sul nostro territorio, molte di queste sconosciute ai più, ma note invece a chi ancora oggi è guidato dalla ricerca della qualità, innanzitutto, della originalità, del pezzo unico e realizzato su misura, sartoriale.
Vicoli Santi, maison fondata da Luciano Esposito, risponde appieno a queste parametri e ne ha fatto il suo elemento distintivo.
Ho scoperto le creazioni di Luciano grazie a una foto che un’amica ha pubblicato su Facebook (potere dei social network 😉 e subito mi sono messa in contatto con lui per sapere di più sulle sue creazioni e sulla sua storia.
Una storia che, come per molti italiani, nasce dalla voglia di uscire dal proprio contesto e darsi un’occasione di vita migliore.
Luciano è di Napoli e ha sempre avuto la passione per la moda.
Quando il suo treno è passato, lui ci è salito e con esso è arrivato fino a Milano.
Tante le esperienze lavorative nella metropoli: dal primo ingaggio come disegnatore di accessori e stampe su foulard e cravatte per Mario Valentino, fino all’attività di costumista, dieci anni di collaborazione presso l’ITR con griffe come Versus, D&G, Romeo Gigli, Just Cavalli, due anni presso l’azienda di Mariella Burani, dedicandosi alla Linea di Gay Mattiolo, sino ad approdare alla maison milanese di Gianfranco Ferrè.
In questi luoghi si è potuto fare le ossa, comprendere le dinamiche del settore, ‘rubare’ – nel senso positivo del termine – i segreti del mestiere dalle gradi firme della moda italiana degli anni ‘80/’90.
A Milano ha iniziato a mettere le basi per la sua storia futura, quella che oggi lo vede di nuovo a Napoli, ma come titolare della maison Vicoli Santi.
Ho voluto conoscerlo perché mi raccontasse la sua avventura e perché mi potesse dare il suo personale punto di vista sull’attuale scenario della moda italiana e internazionale.
Cosa pensi del sistema moda Italia? L’Italia, e quindi le firme italiane, hanno ancora un peso a livello internazionale?
L’impronta italiana è ancora un elemento esclusivo e riconoscibile nel mondo. Ciò che ci distingue dagli altri non è tanto la creatività, oggi ci sono stilisti stranieri assolutamente innovativi. Il nostro punto di forza è la tradizione, la sartorialità, la manifattura, la mano che impugna l’ago. Quando un capo viene realizzato in Italia, da artigiani italiani, si vede a colpo d’occhio.
La moda oggi può ancora definirsi driver di tendenze come è accaduto nel passato?
La moda dovrebbe essere innanzitutto ricerca. Guardare al passato è corretto, per ispirarsi e soprattutto per poter così proporre soluzioni stilistiche nuove. Purtroppo oggi per molti la tendenza è copiare, replicare un modello che si è già visto – inteso sia come capo di abbigliamento sia come modello di business – perché l’approccio è: ‘se ha funzionato prima, allora funziona anche adesso’.
In questo modo si affronta la carriera di stilista non mossi dalla passione, ma dalla voglia di affermarsi secondo canoni che non rispettano la creatività e l’unicità, ma l’essere vincenti a tutti i costi.
Si vede qualcosa di davvero originale o è tutto mix and match e richiamo al passato?
La prevalenza è rifarsi al passato, ma senza un approccio critico e soprattutto in ottica di evolvere. Quando si vedono creazioni originali, spesso sono mosse dalla voglia di azzardare, di stupire, senza però rispettare i canoni di stile e eleganza.
C’è ancora spazio per la creatività o tutto è dominato da logiche di business come per i grandi brand guidati da holding internazionali?
C’è spazio ma se si giovane devi mettere in conto che prima di essere riconosciuto e apprezzato la gavetta è lunga. E’ comunque la creatività l’unica arma per andare avanti e lontano, oltre a una forte determinazione.
Quando sei arrivato hai tutto lo spazio per essere creativo.
C’è ancora spazio per l’haute couture o il pret a porter spadroneggerà fino a diventare l’unica possibile di scelta?
Credo non morirà mai anche perché quando si inizia la carriera dello stilista si parte sempre dalla creazione di modelli di alta moda e poi eventualmente si creano le seconde linee del marchio da produrre in ottica più industriale e quindi destinate a un target diverso.
In fondo il pret a porter esiste perché si ispira all’haute couture.
E L’artigianalità?
Fortunatamente il mestiere del sarto si sta riscoprendo, vuoi per il contesto socio economico dove di nuovo si sta affermando una mentalità dell’aggiustare anziché buttare, vuoi perché chi può permetterselo sceglie sempre abiti confezionati in sartoria.
Questo secondo pubblico, in particolare, vuole indossare capi unici, non indossati dalla massa e per questo è disposto a spendere.
Come ritagliarsi un proprio spazio? Quale è il fattore di diversificazione per essere conosciuti e riconosciuti?
L’unicità, l’originalità. Ciascuno deve trovare quel fattore X che lo differenzia dagli altri.
Il mio elemento distintivo è la cura del dettaglio.
Sono curioso, faccio ricerca. Amo girare per mercatini dove l’osservazione dei capi vintage mi dà sempre ispirazione. Per esempio nell’utilizzo dei bottoni, dei tessuti, del colore, delle cuciture.
Tutti i miei clienti apprezzano la mia attenzione al singolo elemento che nell’insieme rende il capo unico e non replicabile. Ogni mio abito è immediatamente riconoscibile proprio per questo.
La tua maison cosa offre di unico?
Come dicevo prima ciò che mi distingue è la ricerca della peculiarità perché oggi le donne vogliono essere uniche ancora prima che sentirsi belle. Non amano indossare capi che potrebbero essere visti su altre. Ciascuna vuole che l’abito venga realizzato sulla loro pelle e interpreti la loro personalità e fisicità.
Quando la cliente entra nel mio atelier e vede un abito sul manichini già immagina come potrebbero starle addosso. E’ quasi sempre amore a prima vista. Ciascuna sceglie il suo non solo per il taglio, ma anche per il tessuto scelto o quel dettaglio che diventa distintivo del capo.
Quale è il principio cui ti ispiri?
Mi ispiro al principio della verità e quindi propongo abiti che facciamo sentire veri, autentici.
Io parlo con le mie clienti, le ascolto affinché la creazione che poi indossano possa davvero esprimente la loro idea, possano realizzare il loro desiderio di sentirsi belle.
Per quanto riguarda i modelli e i tessuti poi utilizzo contaminazioni barocche, proprie della mia terra.
Quale è il tuo target? Quale è la donna di Vicoli Santi?
Non c’è un target preciso, la donna dai 30 anni in su, quando inizia a essere consapevole e sicura di se stessa e quindi ha ben chiaro cosa vuole.
È comunque una donna molto femminile, che ama il lusso e l’eleganza, il dettaglio di pregio. Sempre con l’obiettivo di essere unica.
Dove si può acquistare i capi di Vicoli Santi?
Nel mio atelier dove ogni singolo capo è fatto a livello sartoriale, abiti da sera e da giorno. Anche la semplice camicia.
E per il futuro? Dove ti vedi?
Il mio obiettivo per il momento è sfilare a Roma, in un secondo momento creare una linea pret a porter a partire dalla collezione di alta moda.